Alla parrocchia di Sant’Ambrogio, tra mille difficoltà, si cerca di camminare uniti nella fede con lo sguardo rivolto, non solo sulle ferite e le fragilità della nostra comunità, ma anche e soprattutto sui dolori e le angosce di un’umanità spesso vittima di guerre ed ingiustizie, come del resto, ormai da più di 600 giorni, lo è il popolo palestinese della striscia di Gaza. E per questo, ieri sera, proprio a Sant’Ambrogio, si è organizzata, una serata di pace e di speranza per raccogliere fondi da inviare alla parrocchia di Gaza, e – per mezzo di una videochiamata ad Andrea, amico della parrocchia e residente a Gerusalemme – esprimere solidarietà e vicinanza a un popolo che ha bisogno, oltre che delle nostre preghiere, come del resto fatto ieri sera, anche di una politica meno ipocrita e più umana. Anche perché i veri Beati, non sono i potenti che, dietro false ragioni, muovono guerre sempre a danno dei più deboli, ma i poveri e coloro che sono nel pianto, gli affamati e gli assetati di giustizia. E per loro, che erediteranno la terrà e faranno parte del regno dei cieli, non può che essere rivolto, sempre e comunque, il nostro cuore e il nostro pensiero.
E cosi questa sera, pensando a come raccontare la testimonianza di Andrea – che ci ha condiviso di come l’odio, diffondendosi in tutta la Cisgiordania, sta spegnendo sentimenti di perdono e riconciliazione, senza le quali non ci potrà mai essere vera pace, e creando muri insormontabili tra due popoli, a dimostrazione, non solo dell’inutilità della guerra, ma del suo effetto controproducente – e mentre mi avvicinavo sul sagrato della Chiesa per scattare la foto presente in questo articolo, mi imbattevo in un gruppetto di circa 10 ragazzi, dai 14 ai 15 anni, che bestemmiavano senza nessun ritegno.
Dopo il mio doveroso rimprovero, con un tono comunque pacato e disteso, e dopo avergli fatto notare, senza addentrarmi in tante altre motivazioni, dell’inopportunità della bestemmia almeno davanti a un luogo sacro come quello, venivo assalito da un fiume senza fine di bestemmie. A quel punto, pensando di aprirmi una breccia tra i loro cuori, mi appellavo dapprima alla responsabilità di un ragazzo musulmano lì presente, che si vantava di recitare le sue preghiere quotidiane, ma alla fine. anche se non bestemmiava, era indifferente e perfino ci sguazzava.
Successivamente cercavo l’ultimo appiglio rivolgendomi a tre ragazzine anche lì presenti, sperando, almeno in loro, di trovare una via su cui far viaggiare le mie parole. E per un attimo, pensavo proprio di avercela fatta, perché le ragazzine, che finora non avevano bestemmiato, sembravano, anche se un sottile filo di ironia si coglieva nelle loro parole, aver capito e compreso che era il caso di zittire quella cattiva compagnia. E mentre si allontanavano scappando dopo essere stati minacciati da una mia foto imminente, davanti al bar vecchio, tutti insieme, con due delle tre ragazzine questa volta protagoniste, iniziavano a bestemmiare urlando a squarciagola.
A quel punto, rassegnato e sconfortato, per il triste spettacolo a cui avevo assistito, tornavo a casa cambiando i piani sull’articolo da scrivere. E pensando, anche alla sera precedente, scorgevo, in alcune parole di Andrea, e in quello sguardo perduto e spaesato di quella ragazzina in mezzo a quel profluvio di bestemmie, un raggio di speranza riscaldarmi il cuore.
Una speranza che nasce dal perdono perché, come del resto appunto condiviso da Andrea, proprio prima di concludere la videochiamata, Gesù, proprio prima di morire, ci la lasciato parole di perdono, “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34), che forse, questo lo aggiungo io, e mi perdonino i preti se sto sbagliando, correggono quanto presente nel vecchio Testamento (Lv 24,16) riguardo alla legge del taglione donata da Dio a Mosè. Gesto forse fatto da Dio per testimoniarci che se Lui può cambiare atteggiamento nei nostri confronti, e passare dalla vendetta al perdono infinito, anche noi lo possiamo fare, non solo verso quei ragazzini, e ci mancherebbe altro, ma anche e soprattutto verso coloro che ledono e calpestano la nostra dignità.
Perché senza perdono mai pace ci sarà.
Grazie Stefano per il tuo articolo. Condivido in pieno il disagio che hai provato nei confronti di questi gruppi di giovani sempre più sprezzanti e maleducati. Forse bisogna chiedersi dove sono finite le famiglie che si preoccupano più di fornire i propri figli del cellulare piuttosto che impegnarsi alla loro educazione.